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CORRIERE della SERA
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2009-10-17
Mediaset e Rai sono ancora concorrenti?
A intervenire sulla Rai, Silvio Berlusconi sbaglia. Avrebbe dovuto farlo per fermare la lottizzazione selvaggia
L’aria di Bulgaria non fa bene alle esternazioni del nostro premier: chissà, forse per colpa della lontananza, o del clima, o del significato che noi diamo all'aggettivo bulgaro, sinonimo di consenso cieco e unanime. Davanti ai microfoni delle nostre tv, ha rilanciato un pericoloso avvertimento: "Posso fare una previsione? Il 30 per cento degli italiani che attualmente non paga il canone supererà abbondantemente il 50 per cento...". "Credo — aggiunge il premier — che ci saranno brutte sorprese per il bilancio della Rai la prossima volta che si faranno i conti con il numero degli italiani che pagano il canone". Così, non potendo ammettere che finora non gli è stato possibile trovare un conduttore capace di contrastare gli ascolti di "Annozero", di "Report" o anche di "Ballarò", vuol buttare all’aria l’intero edificio. Con modi garbati, retoricamente controllati, a giudicare dalla sapiente circonlocuzione usata a Sofia. Persino con previsioni al ribasso. 50% per cento è niente (considerando anche quelli che già evadono il canone). Se il premier facesse un sondaggio su quanti italiani vogliono pagare il bollo dell’auto, le tasse sui rifiuti, le tasse tout court, scoprirebbe che la percentuale è bulgara.
LOTTIZZAZIONE - A intervenire sulla Rai, Silvio Berlusconi sbaglia. Avrebbe dovuto intervenire quando non è stata capace di fermare il fenomeno selvaggio della lottizzazione, da Augusto Minzolini a Bianca Berlinguer, per citare i casi più recenti; avrebbe dovuto intervenire quando Umberto Bossi ha chiesto i soldi per finanziare il "Barbarossa"; avrebbe dovuto intervenire per l’enorme quantità di programmi stupidi che mette in circolazione. Insomma, le occasioni non sono mai mancate e non mancano.Ma così non vale: non si può esternare solo quando va in onda una trasmissione sgradita. Per due fondamentali motivi: la Rai, in quanto Servizio pubblico, è un patrimonio collettivo di cui il Parlamento è responsabile; e poi Berlusconi è pur sempre padrone dell’altra metà dell’impero mediatico italiano, dell’azienda concorrente. Proprio il combinato disposto di queste due circostanze, che inevitabilmente si incastrano l’una nell’altra, avrebbe dovuto suggerire al premier un altro atteggiamento, da vero statista.
INDUSTRIA CULTURALE - Per molti anni, la Rai è stata la più grande industria culturale del Paese e non starò qui a sottolineare il ruolo svolto nella modernizzazione del nostro Paese. Non lo è più per due motivi: perché negli anni non ha saputo interrogarsi sul concetto di Servizio pubblico; perché i posti di comando non sono stati affidati a professionisti ma a fedeli servitori, ora degli uni, ora degli altri. Non c’è partito politico che non abbia considerato Viale Mazzini una preda. C’è una ragione in più che suggerirebbe a Berlusconi maggiore prudenza e lo sostengo fermamente come studioso del fenomeno televisivo: i continui attacchi alla Rai fanno male anche a Mediaset, le impediscono di diventare una media company internazionale, la impantanano in volgari polemiche da cortile.
P.S. Come spiego in rubrica, l’impantanamento riguarda l’increscioso caso del servizio di "Mattino cinque" sul giudice Raimondo Mesiano, autore della sentenza Fininvest-Cir. Ma perché Canale 5 si affida a così modesti pedinatori, con un servizio che ha un sapore intimidatorio?
Aldo Grasso
17 ottobre 2009
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REPUBBLICA
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